Intervista a Stefano Di Miceli

Stefano Di Miceli, dj resident all’Amnesia Milano dal 2012, conferma serata dopo serata il suo indiscusso ed incondizionato amore per i dischi in vinile: non potrebbe essere altrimenti, considerando che reputa Sven Väth il suo autentico maestro nonché eterna fonte di ispirazione.
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1. Stefano Di Miceli, 30 anni, italiano: oltre a questo ed escludendo la musica, chi è Stefano? Cosa ci racconti di lui?

Innanzitutto ciao a tutti e grazie per l’intervista. Stefano è un ragazzo un pò complicato :); leale, frenetico, sincero, che spesso passa per stronzo, soltanto perché appunto non lega con tutti come forse è normale che sia, e sicuramente una persona a cui piace fare festa. Una persona che dà tutto a chi se lo merita.  Questi gli aspetti caratteriali, per il resto è una persona come tante altre, che crede in quello che fa e ce la mette tutta. Tanti progetti in testa e purtroppo sempre troppo poco tempo a disposizione. Il tempo alla fine è davvero l’unica cosa che ci serve, e che non possiamo comprare

 

2.  Dj dal 2005 ad oggi: sei uno dei resident di uno dei locali di punta a livello nazionale e che sta acquistando sempre più credibilità a livello internazionale. Cos’è successo in questi 11 anni? Come sei diventato uno dei rappresentanti di Amnesia Milano?

Ho iniziato a metter dischi dal 2005, a casa, ed ho iniziato a suonare per club dal 2007. Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008 io e Paolo Trovato, caro amico con cui dividevo intense nottate/giornate tra locali ed after hours, insieme a qualche altro amico storico, decidemmo di metter su un party, un party vero, che si differenziasse un pò da resto che si poteva trovare a Milano ed hinterland in quel periodo. Abbiamo creato Wats, acronimo di We Are The Show, party decisamente libero, massimo 300 persone circa, che ha girato diversi locali, loft e capannoni tra Milano e provincia. Il party è nato di fatto a Le Jardin, locale che si trova all’Idroscalo, di fianco al Magnolia. All’epoca c’era un’altra gestione, con cui eravamo in piena sintonia, ed infatti, abbiamo creato party bellissimi e decisamente intensi (a detta dei partecipanti 🙂 ) per circa due anni.. Come si sa, le cose belle prima o poi finiscono, la propietà cambiò e decidemmo che fosse arrivato il momento di cambiare anche per noi. Da quel giorno ci sono stati tanti cambiamenti; negli anni nuove persone hanno iniziato a far parte del gruppo, e qualcuna invece ha abbandonato. Non nascondo che per qualche periodo siamo stati praticamente fermi, ma è stato un bene, perché quando le cose non vanno bene si schiarisce la mente e si capisce chi è con te veramente e chi invece è vicino per il momento di gloria. Negli anni successivi abbiamo girato diversi locali e loft, siamo stati un pò dei girovaghi, ma abbiamo acquisito esperienza e – cosa per me fondamentale – mantenuto sempre lo stesso spirito. Un bel giorno poi mi incontrai con Raffaele Acquaviva (Amnesia Milano), amico che conoscevo già dai tempi del Fluid, abbiamo trovato un accordo e da li abbiamo iniziato in ALab Amnesia Milano (la seconda sala dell’Amnesia – ndr). Successivamente sono piaciuto agli organizzatori, e sono diventato dj resident Amnesia Milano. Ad oggi penso di metterci sempre lo stesso impegno e la stessa passione, penso che sia il minimo che possa fare per chi ha creduto in me in passato, e per chi lo fa tuttora. Amnesia è uno staff ed un locale importante per me, do tutto per questo locale e spero che possa sempre migliorarsi e crescere, così come i grandi locali europei e mondiali.

 

3.       Undici anni di attività, nei quali hai raccolto numerose soddisfazioni ed hai avuto occasione di essere sulla stessa consolle di autentici miti del nostro settore: chi ti ha colpito di più? Qual?è stata l’esperienza più forte?

Ho iniziato a suonare per club dal 2007, quindi l’anno prossimo festeggerò i 10 anni dietro la consolle 🙂 Ho suonato con moltissimi artisti di assoluto rispetto, sicuramente aprire le danze a Sven Väth è stato uno dei momenti più belli, come praticamente tutti sanno 🙂 Sven Väth è una continua fonte di ispirazione, sia a livello di party per quanto riguarda Cocoon, sia come disk jockey.

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4.       Wats Records è la tua nuova creatura: dopo essere nata come progetto è diventata una label a tutti gli effetti. Chi è coinvolto a parte te in questa avventura e dove si colloca nel mondo della musica elettronica?

Wats Records è l’evoluzione momentanea di Wats. Dico momentanea solo perchè con Wats (party) ci siamo voluti fermare da inizio marzo, lo spirito non era più lo stesso, qualcuno ha lasciato il gruppo in malo modo ed ho preferito, come in passato, fermarmi, schiarire le idee, e pensare a quello che sia davvero importante per Wats, ed in questo momento penso che la cosa più importante sia dare un’altra faccia a Wats, fare qualcosa per la musica, e riprendere a fare feste quando sarà il momento opportuno. Non abbiamo fretta, tanto balleremo tutta la vita… 🙂 Il progetto Wats Records nasce da un’idea che ho avuto qualche anno fa, è stato realizzato e portato avanti insieme ad uno dei miei migliori amici, Mattia Rigodanza. Non ci poniamo molte regole, vogliamo fare musica che trasmetta emozioni, musica con un’anima, musica melodica che vari anche nell’arco temporale di una sola traccia. I primi artisti che usciranno su Wats Records sono artisti italiani, giovani e di grande talento. Il primo è Sapporo, il secondo verrà svelato tra pochi mesi.

 

5.       Uno dei tuoi punti forti e distintivi è la tua capacità di unire diversi toni della musica elettronica, riuscendo sempre a suonare in modo diverso dal resto del panorama ed avendo sempre la possibilità di creare nuovi scenari musicali: una prerogativa dei “big” che hanno segnato la storia del djing. Qual è la tua linea, la linea che segui quando scegli i dischi da suonare?

Questo è un grande complimento e mi fa molto piacere che sia notato. Grazie! Amo cambiare, compro tanta musica, tanti generi, non mi soffermo mai sullo stesso, questo è un po’ quello che sono io. Mi piace aprire le serate con musica ambient, per poi passare a microhouse, tech house e techno. La qualità dei dischi è importante, e la mia è una ricerca costante. Non faccio mai scalette, solitamente scelgo i primi tre/quattro dischi, il resto poi viene da se, viene da quello che provo, da quello che vedo in pista e dal contesto in cui mi trovo.

 

6.       Uscendo dalla musica elettronica cosa ascolta Stefano quando vuole riposare le orecchie?

Solitamente ascolto rock ed ambient. Dipende dai giorni, sono un pò lunatico, posso passare dai Nirvana ad Anthony Rother nel giro di pochi minuti.

 

7.       Un tuo punto di riferimento nel campo musicale?

Sicuramente Sven Väth come detto. E’ secondo il mio parere uno dei migliori dj al mondo insieme a Ricardo Villalobos e Laurent Garnier.

 

8.       Il tuo supereroe preferito?

Batman 🙂

 

9.       Se dovessi scrivere la tua bio futura, quella di Stefano Di Miceli del 2021, cosa vorresti poter scrivere?

Spero di far crescere Wats Records e renderla una grande etichetta, questo senza dubbio. Spero poi di continuare a crescere e migliorare sempre più il livello di mixaggio. Il resto si vedrà, non mi piace pensare ad un futuro così lontano, preferisco il presente.

 

10.   Ultima domanda, e credo sia la più spinosa: l’Italia ha partorito alcuni tra i più importanti dj e produttori del panorama mondiale, ma praticamente tutti hanno trovato il successo e la realizzazione prima in terra straniera: da operatore vedi un motivo in questa anomalia? Cosa manca alla nostra scena per saper valorizzare i talenti nazionali, per saperli riconoscere e lanciare?

E’ una domanda molto interessante e di difficile risposta. Al giorno d’oggi ci sono tantissimi dj, molti di più di solo una decina di anni fa. E’ diventata un po’ una moda, e purtroppo ci sono molte persone che non approcciano l’argomento con il dovuto rispetto. Parlando invece dei talenti, penso che ci voglia più di coraggio da parte dei locali, valorizzare i propri dj è un grande bene comune. In generale penso che a volte si spendano troppi soldi per guest stranieri, quando magari si hanno in casa (italia) ragazzi di livello che non aspettano altro di farsi sentire.

 

11.   Non una domanda ma un momento di libera espressione. Ti diamo la possibilità di lanciare un messaggio di tua spontanea volontà, che sia indirizzata agli operatori o al pubblico. Libero sfogo!

Non vorrei dilungarmi ahahah… penso che ci siano molte cose di cui mi piacerebbe parlare con gli addetti ai lavori. Spero in generale che questo settore possa ritrovare la trasparenza di un tempo, la vera voglia di far festa e che lasci indietro tutto quello che è inerente al solo business.  Guadagnare è giusto, se si crea qualcosa di qualità, ma l’aspetto principale deve sempre e solo essere la musica, a volte penso che molti se lo dimentichino.